«Ce l’ha la ricetta?»
O, talvolta, in modo più morbido e sorridente: «Ha una richiesta del suo medico curante…?»
Quante volte, rivolgendo questa domanda a chi sta dall’altra parte del banco, mi sono sentito guardare come un inquisitore? E quante volte, quando ho detto che no, che non glielo potevo dare quel farmaco senza la ricetta del medico, mi sono sentito, attraverso lo sguardo sdegnato di chi mi stava di fronte, mandato a quel paese? Chiedo venia. E mi spiego. Non c’è farmacista, che io sappia, che ami infliggere gratuite seccature al prossimo, soprattutto quando questi indossa i panni del “cliente”. Dietro c’è solo la volontà, l’obbligo, l’impegno professionale – del medico e del farmacista – di garantire la salute del cittadino. Perché il farmaco di cui parliamo – quello che obbliga il paziente a dotarsi di prescrizione medica e il farmacista a prenderne visione prima di somministrarlo – non ha solo gli effetti positivi per i quali viene prescritto. Anzi. «Ma è un antibiotico che mi viene prescritto puntualmente da anni. Possibile che ogni volta debba andare a perdere tempo mettendomi in fila nella sala d’attesa del mio medico?» Questa è l’obiezione che io, che noi farmacisti, ci sentiamo rivolgere puntualmente da molti pazienti “s-pazientiti”. Il fatto è che una prescrizione medica non vale per sempre. E il medicinale ordinato una volta può rivelarsi inefficace col passare del tempo, o avere addirittura riflessi negativi su alcuni aspetti delle – nel frattempo mutate – condizioni di salute del paziente, che il paziente medesimo non è in grado di valutare. Così come è accaduto che alcuni farmaci abbiano rivelato, nella pratica clinica, “effetti indesiderati” imprevisti. E tutto questo senza dimenticare che la terapia antibiotica (per tornare all’esempio precedente) si rivela a volte inefficace e che il suo utilizzo non monitorato può suscitare talvolta l’insorgenza di resistenze da parte dei batteri che, nel frattempo, hanno sviluppato opportune contromisure.
Il rigore del farmacista di fronte alle richieste non correttamente supportate da prescrizione va dunque visto in modo positivo. Nessun desiderio di vessare chi ci sta di fronte. Piuttosto, la manifestazione di quell’attenzione che il farmacista deve avere verso il proprio cliente-paziente. Il farmaco, lo capisce chiunque, non è un bene di consumo da utilizzare attingendo alle competenze del “fai da te”. Per non dire degli sprovveduti che si affidano al “dottor Google” come una volta ci si affidava all’oracolo di Delfi.